Il Monastero di Santa Maria della Misericordia, come popolarmente viene chiamato ma che più propriamente, per la sua struttura e per le funzioni che esercitò, dovrebbe definirsi convento, presenta nel corso della sua lunga vicenda storica alcuni punti fermi, qualche data incerta e non pochi momenti di black out assoluto. E questo in particolare per quanto riguarda le origini, sperdute nelle nebbie storiche del XV secolo.
La tradizione fa risalire al beato Michele da Carcano di Lomazzo, vicario dell’Osservanza milanese dei frati minori francescani, l’iniziativa della costruzione del convento, portato poi a termine da un altro beato, Francesco dei principi Trivulzio, il quale aveva ricevuto l’autorizzazione a fondare e a portare a compimento cinque monasteri, uno dei quali in “Monte Briantia” in località denominata Monterosso (il nostro), da papa Sisto IV con bolla dell’8 luglio 1482 e da papa Innocenzo VIII con bolla datata Roma 21 dicembre 1486.
Se, al di là delle bolle papali, incerti risultano l’anno d’inizio dei lavori di costruzione del convento e le tappe della sua edificazione, anche perché si sa che si procedeva in base alle elemosine e alle donazioni che pervenivano ai frati, maggiore certezza esiste a proposito della consacrazione della chiesa, che avvenne il 14 gennaio 1498 ad opera di Guglielmo Corsico, anch’egli dell’ordine dei Frati Minori francescani.
Nel secolo successivo abbiamo l’autorevole testimonianza di San Carlo Borromeo, in visita pastorale nella pieve di Missaglia nel 1571. Il cardinale fa esplicito riferimento al “monasterium misericordiae”, permettendoci anche di apprendere che in esso vivevano in quel momento dieci frati, mentre sappiamo che nel 1713 i religiosi risultano essere saliti a diciotto e nel 1757 al numero massimo di ventiquattro.
Il convento, finché è stato in funzione, cioè fino alla sua soppressione decretata dalla Repubblica Cisalpina il 10 luglio 1798, corrispondente al 22 messidoro dell’anno VI della Repubblica, è stato a più riprese ampliato e ammodernato, in particolare nel 1704 e nel 1707, così che varie soluzioni tecniche e diverse forme architettoniche si sono sovrapposte le une alle altre, dando al tutto un’impronta artistica originale ma poco organica, tanto da non consentirne l’inquadramento in un preciso genere o indirizzo artistico.
Come si diceva, nel 1798, nel turbolento clima postrivoluzionario dominato dalla rapida ascesa politica e militare di Napoleone, il convento venne chiuso dalle autorità della Repubblica Cisalpina, nonostante l’opposizione dei frati, i quali dovettero per questo subire anche un processo, e dei deputati di Missaglia, a nome dei circa 1900 abitanti che contava allora il comune. Numerosi cittadini erano infatti soliti recarsi al convento (con grande irritazione del prevosto) per assistere alla messa, sia all’interno della chiesa sia, non di rado, a causa dell’eccessivo affollamento, sul sagrato, dove esisteva un pulpito esterno per la predicazione. Da segnalare che la tradizione, per la verità del tutto improbabile, non collimando le date, vuole che da quel pulpito, ora scomparso, abbia predicato anche San Bernardino da Siena (1380-1444).